Piccola Italia


Leggo la notizia ieri sera sul Corriere della Sera online, distrattamente.
Mi colpisce solo in relazione alle vittime, che all’inizio sembravano essere tantissime.
Oggi invece sento alla radio che in questa cittadina del Connecticut è presente una vasta comunità di italiani, provenienti da Melilli, Nord Sicilia.
Poi leggo quest’articolo e bastano queste poche righe* a commuovermi.
E penso a noi, qui in Italia, e ai nostri immigrati, e alla nostra insensibilità, e alla nostra mancanza di memoria.
E penso anche, che sono sicura che molte delle persone che si mostrano insofferenti verso le comunità marocchine, cingalesi, rumene, peruviane, molte di quelle persone, hanno almeno un parente lontano che ai primi del novecento è partito per l’Argentina, o per il Canada, o per gli Stati Uniti, affrontando ore in mare, dentro una nave, verso l’ignoto.
E penso anche, ma quando questa piccola Italia diventerà finalmente un paese di questo mondo?

*«Era buio e c’era la neve quando il treno arrivò a Middletown una sera di dicembre del 1901—si legge nelle memorie della diciassettenne Eleonora Gervasi — con le mie sorelle Lucia e Sebastiana avevamo lasciato Melilli tre settimane prima».

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.