Non sono mai entrata in una lavanderia a gettone, ma non sarà poi così difficile mi dico, e poi la mattina, mi dice la mamma, c’è la signora che ti aiuta.
E in effetti è facilissimo, basta infilare il piumone nell’apposita lavatrice (sulla quale c’è scritto a seconda della capienza se e quanti piumoni introdurci), selezionare la temperatura (65°, ché era la prima volta che non lo lavavo a secco e con due gatte e due umani che ci si rotolano tutto l’anno è meglio), infilare monete da due euro/un euro/cinquanta centesimi per un totale di sei euro e cinquanta nell’apposita fessura, pigiare sul tasto ‘start’.
Attendere trentacinque minuti che, vista la splendida giornata, impiego nell’ordine per:
prendere un cappuccino (chiaro al vetro con una spolverata di cacao),
sedermi sulla panchina a leggere «Cold Spring Harbor» di Richard Yates,
dare un’occhiata alle bancarelle fronte Posta.
Trascorsi i trentacinque minuti, sempre guidata dalla gentilissima proprietaria della lavanderia, afferrare il piumone e trasferirlo nell’asciugatrice, infilare monete da due euro/un euro/cinquanta centesimi per un totale di tre euro, nell’apposita fessura, pigiare il tasto ‘start’.
Attendere trenta minuti (ma anche dieci, venti, o quaranta, a seconda della frazione di tempo prescelta) che, ormai desiderosa di ombra, decido di trascorrere restando seduta all’interno del locale, durante i quali:
continuare a leggere il mio libro,
ascoltare le chiacchiere e le ricette delle altre desperate housewives,
interagire e rendermi utile alla comunità autoctona fornendo la ricetta dell’hummus.
Ma che bello.
A qualcuno sembro disperata abbastanza?
E il piumone come è venuto fuori dopo questo trattamento da mattina di inizio ottobre?
Pulito e profumato!