Sotto al livello del mare.

Riflesso

Impianto Idrovoro della Bonifica di Ostia
Il Canale

Questo è un posto magico, che emana un fascino difficile da raccontare.
Eppure, la storia che oggi ci ha raccontato Lorenzo, la giovane guida che ci ha illustrato per oltre un’ora e mezza la storia della bonifica del 1884 effettuata nella zona in cui (ignari) viviamo da anni, è una di quelle storie che nobilitano l’uomo, il suo ingegno, la sua capacità di elevarsi e farsi strumento di vita per i suoi simili e per l’ambiente che lo circonda, una storia nitida, una storia da respirare a pieni polmoni.
L’Ecomuseo del Litorale, noi abbiamo visitato il Polo Ostiense e presto ci recheremo a visitare anche quello di Maccarese, è immerso nel verde: parcheggiando, dall’altra riva del canale un airone cinerino ci guardava sospettoso, mentre una garzetta e uno stormo di anatre si alzavano in volo disturbate dai nostri sguardi.
Le sale del museo sono talmente cariche di storia, di umanità, di sudore, delle nostre radici, che viene voglia di restare lì per scrutare quei visi uno a uno, di leggere ogni parola, ogni testimonianza.
Sono luoghi in cui, prima ancora che nelle Paludi Pontine, si rese necessario l’intervento dell’uomo: perché erano terre malariche, dove la mal’aria uccideva senza che ancora se ne capisse il perché, e perché Roma capitale non poteva politicamente permettersi di essere immersa in una palude.
Ed è stato emozionante scoprire che l’Ospedale Grassi di Ostia deve il suo nome all’uomo che per primo capì che a uccidere non era l’aria, ma una zanzara, che il Ponte della Scafa si chiama così perché era la scafa che trasportava le persone da una riva all’altra del Tevere, che Via dei Romagnoli rende onore a quei coloni, oltre quattrocento, che dalla Romagna arrivarono fino a Ostia per scavare tutti quei canali che ancora oggi permettono alle acque di correre verso il mare anziché stagnare nei campi, che all’Idroscalo di Ostia partivano e atterravano idrovolanti, e che il Lido di Ostia solo prima della guerra mondiale, la seconda, era un luogo dove si recava in vacanza solo l’élite romana, e che gioielli architettonici come la Stazione Vecchia e lo Stabilimento Roma furono – ahimè – fatti saltare dai tedeschi per paura dello sbarco degli americani.
Che dire poi delle proiezioni nella saletta del museo dedicata ai film della rassegna «L’arte del lavoro»?
Il programma è bellissimo – noi oggi abbiamo visto «Nanook of the North», documentario del 1922 di Robert J. Flaherty – e i due padroni di casa, il museo è privato, sono due persone deliziose, competenti e ospitali.
Ci è sembrato quasi di essere entrati nella loro casa, di essere accolti come si accolgono persone di famiglia, o amici, che non si incontrano da qualche tempo, di essere guidati con orgoglio a scoprire tutto quello che era successo durante la nostra assenza, mostrandoci ricordi, vecchi cimeli e fotografie.
E forse siamo stati veramente a casa loro, una casa che adesso è anche un po’ nostra.

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.

6 Risposte a “Sotto al livello del mare.”

  1. I lavoranti romagnoli che bonificarono quelle paludi venivano soprattutto dal ravennate, ed erano chiamati “gli scariolanti”. Perchè il loro principale strumento di lavoro era la carriola, sulla quale caricavano la pelle asportata per lo scavo e la portavano altrove. C’è una canzone, una “canta”, molto popolare in Romagna a loro dedicata, dal titolo, appunto, “Gli scariolanti”. Ecco il testo: http://www.ildeposito.org/archivio/canti/canto.php?id=337
    La tromba di cui si parla era quella del “caporale” che li chiamava a raduno per poi accompagnarli sul luogo di lavoro.

  2. Guidguid, infatti, e così ho scoperto anche perché, sempre a Ostia, lo slargo davanti al Pontile si chiama Largo dei Ravennati!
    La storia è una cosa meravigliosa, a volte abbiamo le cose sotto agli occhi e non ce ne domandiamo il perché.
    A te che sei di zona ne approfitto per chiedere una cosa: ieri la guida ci raccontava che le squadre erano formate da dieci uomini e che a capo di queste squadre c’era una donna che gestiva soldi e altro, una sorta di ‘economa’, direi, che se non ricordo male si chiamava ‘asdora’, o qualcosa del genere. Ne sai qualcosa? È un termine che ti è familiare?

  3. E le foto pubblicate da Pitta sono bellissime soprattutto la rima che mi ha proprio ingannato: ma perché, mi sono chiesto, la scritta è all’incontrario. Anche la didascalia o titolo, “riflesso” per un po’ non mi ha illuminato.

  4. bene, adesso non mi arrivano neanche più le notifiche dei commenti!
    @Gioia e @Adriano, manco a dirlo che le foto non le ho scattate io, vero?
    Bella la prima, vero? L’ha scattata ilChicco. Anche la terza.

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