Quando muore un albero.

Quando muore un albero il più delle volte non fa rumore, lo fa in silenzio.
A soffrire per la sua morte sono in pochi, quasi sempre le sole creature che vivono sotto le sue chiome, oppure al suo fianco, oppure quelle che si trovano a incontrarlo nel corso della sua vita.
Quando muore un albero non sempre è un albero vecchio, a volte è inspiegabilmente giovane, e il dolore è più grande, spesso inconsolabile.
Quando muore un albero, magari cadendo violentemente, o perché qualcuno ha deciso di abbatterlo, la notizia invece fa rumore. Molto rumore.
Perché è stato abbattuto, si chiedono in molti, era un albero pericoloso oppure dava fastidio a qualcuno?
Ma no, rispondono molti altri, era un albero che non dava fastidio a nessuno, anzi, faceva ombra, in tanti si sono riparati alla sua ombra, era un bell’albero, era un albero buono, era un giovane albero.
E così, spesso, arrivano i giardinieri, a tagliare quello che resta dell’albero, a scavare fin giù alle radici per capire se erano marce, se è crollato perché era un albero cattivo che poteva diventare pericoloso, oppure se è stato semplicemente buttato giù perché a qualcuno non piaceva o non voleva più che gli intralciasse la vista, perché qualcuno ha pensato che non interessasse più nessuno ed era meglio toglierselo di torno.
Ma quando si scava, fin giù alle radici, bisogna fare attenzione ed essere veri giardinieri, veri amanti degli alberi, e rispettarli, mentre si scava, perché le sue radici potrebbero essere intrecciate inestricabilmente con quelle di un’altra pianta come lui, oppure con quelle di un giovane virgulto che cresceva al suo fianco, oppure essere il nido per una famiglia di merli, nascondere al suo interno la tana per uno scoiattolo, essere a sua volta nutrimento e gioia per qualcuno.
Quando muore un albero non sempre è necessario scavare fino in fondo, cercare di togliere tutta la zolla, creare un buco, perché non serve, perché magari quel tronco reciso quasi alla base potrebbe servire a qualcuno per ricordarlo quell’albero, e per sedersi a riposare e guardare al futuro ricordando tutte le volte che quell’albero è stato un buon albero.
A volte bisognerebbe chiedersi, anche se si è giardinieri, se si sta facendo un lavoro ben fatto, o se si sta facendo del male non più solo al ricordo di quell’albero, ma anche all’ecosistema e alle piante che grazie a quell’albero hanno avuto la vita.
Bisognerebbe proprio, a volte, che gli alberi sono come gli uomini.
E gli uomini come gli alberi.

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.