Piccole idiozie quotidiane.

Del perché e del percome troppo spesso mi lasci prendere stupidamente dal panico.
Tipo oggi pomeriggio.

Vado alla Concessionaria Renault a ritirare la fattura (a costo zero perché la Twingo è in garanzia) per la sostituzione dei cablaggi dell’airbag.

(Che nessuno mi chieda di cosa si tratti perché non lo so, e comunque in questo post non ci interessa nemmeno saperlo.)

Mentre torno, sono a pochi minuti da casa, mi accorgo che la tasca esterna della borsa è aperta, e che le chiavi di casa che metto proprio lì, sempre lì, maledettamente lì, non ci sono.
Calma. Calma. Calma.
Nella tasca c’è un buco, lo sai benissimo: le chiavi potrebbero essere precipitate all’interno della borsa, mi dico, e guidando con la mano sinistra inizio a ravanare all’interno alla ricerca delle chiavi.
Mentre sono impegnata in questa operazione rischio un paio di tamponamenti, ma riesco ad accertare in poco meno di un minuto (tempo impossibile per tastare e soppesare la quantità di cose contenute all’interno della mia borsa) che le chiavi non ci sono.

Ho un’ultima possibilità penso (l’accendiamo?), ma nel frattempo ho anche due visioni mistiche: mamma che è a Lourdes, e che per quanto possa sperare in un miracolo non potrebbe mai giungere in tempo utile per portarmi il doppione delle mie chiavi, e ilChicco che da Roma Nord impiegherebbe almeno un’ora, sotto la pioggia che inizia a cadere, a giungere in mio soccorso.
Tutto questo penso, mentre ormai in preda all’ansia, dicendo tra me e me ‘le ho perse, le ho perse, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, maledetta tasca esterna e maledetta me che mi dimentico di chiuderla‘, infilo freneticamente e violentemente la mano destra nella tasca della giacca.
E mentre mi sembra di sentire un suono che possa essere ricondotto a un qualsiasi mazzo di chiavi sento anche stock.
Stock?
Già, stock: anulare destro, unghia spezzata, ben più su della parte che sporge, diciamo a un terzo del polpastrello.

Ora, io sono due anni che ho smesso di fare la ricostruzione delle unghie: perché era diventato troppo costoso, perché era una schiavitù, perché non mi piacevano più nemmeno tanto, ma soprattutto perché quando si spezzavano facevano un male cane.
E adesso: guardo l’unghia e imprecando, ma porc…, la vedo orlarsi di sangue, contemporaneamente ho come un senso di nausea e un leggero annebbiamento della vista, per fortuna solo a un occhio (?), tutto questo ovviamente continuando a guidare e impantanata nel traffico a cento metri da casa: cioè, penso, mo’ ci manca solo che svengo, accidentaccio a me!
Però ho ritrovato le chiavi, e allora mi divincolo nel traffico locale, giro la macchina e torno a casa, che per oggi ho già dato abbastanza.
Ma quando la smetterò di essere così maldestramente appanicata?

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.

6 Risposte a “Piccole idiozie quotidiane.”

  1. Prima o poi il panico se ne andrà da qualcun altro. L’unico mio commento è: ma non potevi accostare, fermare la macchina e metterti a cercare con calma o “appanicarti” da ferma, benedetta ragazza? Come sta l’unghia?

  2. È quello che mi sono detta anche io, compreso il ‘benedetta ragazza’!
    L’unghia sta bene, anche se non ho ancora avuto il coraggio di tagliare la parte ormai inutile.

  3. Falla tagliare da ilChicco. Quando mi si rompe un’unghia mi rattrapisco come la faccia di Provolino, per il dolore che PENSO di provare.

  4. Oh.
    La rottura dell’unghia. Come capisco.
    Le mie sono tutte diverse, tutte irregolari, tutte sbeccate.
    In fondo, faccio la meastra… 🙂

  5. Che poi nel frattempo ne ho rotta anche un’altra! Ma che male quella, se ci ripenso mi si attorciglia lo stomaco 🙂

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