marfa



foto di bildungsr0man

che io non andrò mai a marfa è quasi una certezza.
e non solo perché si trovi dall’altra parte dell’oceano e più precisamente in texas, ma anche perché “per arrivare a marfa si prende un aereo fino a el paso o a middleand/odessa. ovviamente non c’è nessun volo diretto, quindi una volta atterrati a dallas o a houston si viene messi su un minuscolo bimotore (…)” e questo per me sarebbe veramente troppo!
ma io a marfa ci sono stata lo stesso, perché leggendo posso viaggiare, volare, navigare, camminare nel deserto, e poi scoprire che la città che ho visto nel racconto “la republica di marfa” di sean wilsey me la sono immaginata proprio così, come nella foto.
nel 1976 l’artista minimalista donald judd arrivò, nonsisacome, in questa cittadina sperduta nel deserto e, stabilendosi in due hangar, ne fece il proprio quartier generale abbandonando new york in favore di quegli spazi sterminati che tanto cercava.
alla ricerca continua di un equilibrio e di un reciproco scambio tra l’arte e l’architettura, la fondazione chinati voluta dallo stesso judd, è diventata il punto d’incontro tra i maggiori architetti e i più famosi artisti del mondo.
così in questa sonnolenta cittadina, circondata quasi completamente da montagne e agavi, è possibile visitare i luoghi dove sono presenti le opere dello stesso judd e diverse installazioni (tra le quali la school n. 6, riproduzione di una scuola russa elementare dell’era comunista, opera dell’artista russo ilya kabakov), passeggiare nel deserto e assistere a fenomeni naturali misteriosi.

“marfa è il nome della domestica nei fratelli karamazov, il libro che stava leggendo la moglie di un cantoniere quando, nel 1881, quel punto di ristoro senza nome diventò una città. questa donna di frontiera leggeva quel libro a un anno dalla sua prima pubblicazione in russia, nello stesso anno in cui billy the kid venne assassinato nel vicino new mexico, e durante il lungo periodo di instabilità del confine tra stati uniti e messico, che seguì la guerra tra le due nazioni. ma queste circostanze sono tipicamente marfiane. la città attrae la stravaganza: alcuni dei primi documenti sulla zona vengono dai racconti, risalenti al diciannovesimo secolo, di avvistamenti all’orizzonte di luminescenze intermittenti, mobili e apparentemente animate, da parte di indiani e di pionieri: le luci misteriose di marfa, fenomeni ottici mai spiegati, tuttora osservabili da una piazzola di sosta alla periferia della città, dove ogni sera sembra si riunisca una folla di persone per socializzare. (…)”.

e ora dimmi, non sembra anche a te di essere stato a marfa, così come a quella pioniera nel 1881 sarà sembrato di conoscere la domestica dei fratelli karamazov?

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.

5 Risposte a “marfa”

  1. @ melpunk, io non lo so perché non l’ho mai letto, ma magari in russia è un nome comune 🙂

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