Dietro le quinte.

Smonti il presepe, avvolgi delicatamente le statuine nella carta con le bolle, le imballi una a una cercando di non staccare altre foglie dalla palma, oppure spezzare le delicate zampette delle pecore, o rompere le corna del bue.
Sono in ceramica bianca, tua suocera le ha modellate una a una negli anni, ha passato la cristallina, le ha cotte nel forno che ha in cantina.
Avvolgi anche l’unico dei Re Magi del tuo presepe, chissà poi quale dei tre, se Gaspare Melchiorre o Baldassarre, se nel tuo presepe è arrivato l’oro, l’incenso, oppure la mirra; perché il tuo è un presepe in crescita, di quelli ai quali ogni anno si aggiunge un pezzo, e ti ricordi di quando all’inizio erano solo loro tre: San Giuseppe, la Madonna con il bambino e la cestina di vimini vuota, perché Gesù è in braccio alla mamma.
Poi inizi a togliere il muschio, a ripiegare ordinatamente le montagne di carta mimetica, a staccare il cielo stellato per riporli nella scatola che fino al prossimo anno li custodirà in cima all’armadio, anche se il muschio ormai dopo qualche anno si è seccato e bisognerebbe comprarne di nuovo; quando stacchi il cielo stellato, però, ti accorgi che un pezzetto d scotch è rimasto sull’intonaco celeste della libreria in muratura dove l’avevi annidato, e provi a staccarlo, delicatamente, ma non abbastanza si vede, perché un pezzetto di quell’intonaco color pervinca chiaro viene via con lo scotch, lasciando un piccolo buco bianco, proprio sul fronte.
E ti viene da pensare, allora, a quel che resta della festa, dietro a tutti quei lustrini, quelle luci abbaglianti, quei pacchetti colorati, quelle luci e quelle candele.
Quanti buchi restano, là dietro?

Pubblicato da laPitta

La Pitta è una dritta con i capelli a spaghetto lunghi come un vialetto. Potrebbe raccontare a tutti che da più di dieci anni lavora per la pubblicità, potrebbe dire che ha visto l’uomo atterrare sulla luna e che ha passato più di cinquemila minuti a guardare ogni genere di film con grande passione. Già, potrebbe. Ma la Pitta è troppo modesta. Alla Pitta piace: arrivare sempre alla fine di un libro, leggere i titoli di coda fino a quando non si accendono le luci in sala, bere tè appena sveglia, segnarsi i titoli delle canzoni da sentire almeno una volta nella vita, ascoltare i discorsi che le persone fanno quando sono al ristorante e “Il favoloso mondo di Amélie”, ma questo l’avevate già capito.

6 Risposte a “Dietro le quinte.”

  1. Nella mia esperienza il Natale, festa di famiglia, più o meno allargata, i “buchi”, le “ferite” tende a coprirli e a guarirle, almeno per un po’, a volte per sempre.

    Qui, da Milano, Presepe riposto questa sera. Per l’albero domani o sabato.

    1. Anche per me, Adriano, il Natale è sempre e comunque la festa della famiglia, e forse proprio per quello quando ci sono delle assenze, o semplicemente non ci si sente veramente parte di un tutto, la malinconia e il senso di solitudine si acuiscono. Ma non è sol il pensare a se stessi, quello che a volte fa male, magari ci si sente in armonia con il mondo, ma si sente che in questo mondo c’è invece tanta sofferenza, e quella sofferenza, proprio quando bisognerebbe essere ‘famiglia’ fa male.

  2. In translation, this is beautiful. Just the action of packing away the individual pieces, after celebration, or perhaps after routine… wrap them up with care, and do it all again next year… thanks. Grazie.

    1. Many thanks, above all for the patience of reading something in a foreign language.

  3. E’ ancora tutto lì, credo che farò stasera.
    Mai come quest’anno, ho visto i buchi.
    Ma che male fa, Pitta.

    1. Mi dispiace Gioia, ti auguri di riempirli uno a uno quei buchi. Come le sorelle March in Piccole Donne dicevano che ‘Un Natale senza regali non è un vero Natale’, così, dico io, a Natale i buchi nel cuore diventano voragini. Ma nulla è per sempre, ne sono convinta. Ti abbraccio forte.

I commenti sono chiusi.