Ed io gli rispondo così: «L’ho sempre pensato, ma la mia teoria è un po’ differente, senza conoscere quella di Kipling, magari poi coincidiamo. Io credo che ci siano persone nate per andare, girare, esplorare, ed altre, non meno importanti, che abbiano il compito di restare, consolidare, accogliere chi torna o chi arriva.»
E aggiungo: …e salutare chi parte, rassicurandolo sul fatto che, ovunque andrà, ci sarà sempre una casa pronta ad accoglierlo quando e se deciderà di tornare.
Si capisce, per caso, da questo discorso, che io appartengo alla specie che resta?
Si possono individuare migliaia di criteri per dividere in due gruppi gli esseri umani o una parte dell’umanità: poi, però, i confini sono sempre instabili, oggi sei di qua, domani di là.
Adriano, è vero, il mondo è pieno di criteri con il quale dividere in due l’umanità e catalogarla, ma questa, sarà perché l’ho affinata nel tempo, e vuoi perché una volta tanto mi sento sostenuta da un personaggio del calibro di Kipling, la considerò piuttosto vera. Non tanto per il fatto di stare o andare proprio fisicamente, come dici tu andiamo dove ci porta la vita, quanto proprio per una natura insita in ciascuno di noi: c’è chi nasce per esplorare e per scoprire, chi per consolidare e accogliere.
Io condivido assolutamente, al di là della simpatia che mi lega a Marco 🙂
E non so ancora a che specie appartengo.
Prima mi pareva chiaro. Ora, attendo lumi.
Però è bello sapere che qualcuno, in casa, tiene accesa la luce.
Grazie Pitta
Io resto, Gioia, questo è sicuro (sicuro abbastanza!) tu decidi con calma cosa fare. Bacio.